Daniel Vittori | Branding, Neurobranding, Marketing

Branding Neurobrand talento

Esiste il talento innato?

Un gruppo di sociologi ha dimostrato che il talento innato non esiste e che tutti quanti possiamo sviluppare un talento.

Per questo ci sono dei presupposti fondamentali:

  • cosa ci piace fare
  • cosa siamo costretti a fare
  • i feedback che riceviamo
Il nodo di tutto è il feedback, la capacità ossia di avere un ritorno su quello che facciamo da qualcuno che è molto bravo a farlo.

Tu ti starai chiedendo: Maradona allora non è un talento?
Oppure Agassi?
Oppure Mozart?

In generale in tutte le attività esistono persone che eccellono. Noi siamo soliti attribuire queste specifiche eccellenze al talento innato. La verità è che quella eccellenza, quella bravura, quella particolare inclinazione vanno attribuite prima di tutto all’impegno profuso ed, in secondo luogo, alla spiccata capacità di ricevere ed accogliere feedback.

Tempo fa è stata condotta una sperimentazione in cui sono alcuni bambini giapponesi e sono stati addestrati, fin dalla più tenera infanzia, ad imparare a riconoscere le note dai rumori che sentivano. Questo particolare talento, che viene generalmente chiamato orecchio assoluto e che prima di questo esperimento sembrava fosse innato e sembrava non potesse essere sviluppato, si può apprendere.

In un novero totale di 20 bambini, l’80% è riuscito a sviluppare questa particolare competenza semplicemente attraverso uno specifico addestramento.

Questo significa che tutti quanti possiamo diventare dei campioni?
Circa questa domanda non possiamo dare risposte definitive. Ci sono storie molto diverse tra loro dalle quali però possiamo trarre interessanti spunti di riflessione.

Ho letto, per esempio, le bellissime autobiografie di due tennisti, l’una di Agassi e l’altra di Djokovic. Le esperienze riportate sono completamente diverse.

Agassi veniva malmenato dal padre che voleva farlo giocare per forza a tennis; lui non avrebbe voluto farlo ma non poteva uscire dai campi a causa dell’imposizione paterna.

Dall’altra parte invece c’è Djokovic che, fin da bambino a Belgrado, giocava a tennis in luoghi dove erano appena cadute le bombe perché, statisticamente, sarebbe stato difficile ne cadesse un’altra a breve. La sua voglia di giocare era superiore alla paura.

Due esperienze completamente diverse, due persone che sono arrivate ad altissimi livelli nei loro ambiti!

Possiamo quindi ipotizzare che il talento è una è una scusa?

Il talento è la scusa di chi non vuole impegnarsi a fondo, ed è anche un limite che ci autoimponiamo. Pensare infatti che esista il talento innato ci scusa nel non impegnarci e, spesso, nel non fare impegnare gli altri nel raggiungere obiettivi importanti.

La verità è che se esiste o non esiste il talento, probabilmente non ce ne frega niente. Essere convinti che esiste probabilmente ci limita, convincerci del contrarioci fa invece impegnare di più!